COME FUNZIONA LA FINANZA ISLAMICA?
Sapevate che nei paesi musulmani la finanza segue delle regole proprie? I suoi principi ispiratori sono tratti dal Corano e vengono racchiusi sotto il termine Sharia.
E' possibile sintetizzare i dettami della finanza islamica come segue:
- Devolvere parte dei propri guadagni per opere di carità
- Non è possibile percepire interessi sui prestiti
- Non è possibile effettuare investimenti per fini speculativi ma solo per fini leciti e sostenibili e non rischiosi
Partendo dalla carità, lo zakat prevede l'esborso di circa il 2,5% dei cespiti patrimoniali in opere di carità per purificare la propria anima dall'accumulazione materiale dei beni. Secondo il Corano, infatti, i beni apparterrebbero tutti a Dio motivo il quale chi possiede di più deve mettere a disposizione della comunità parte del proprio patrimonio.
Per quanto riguarda il divieto di ricezione di interessi sui prestiti, il Corano considera "usura" tale pratica, come del resto ha fatto anche il Cristianesimo per molti anni. Il guadagno extra richiesto a seguito di un prestito è definito riba ed è severamente vietato dalla Sharia: tuttavia per far fronte alla differenza col mondo occidentale che invece ammette l'interesse, sono state create delle forme di finanziamento che eludono tale problema introducendo il concetto di condivisione degli utili. Tra di esse si ha:
- Contratto di Mudaraba: contratto nel quale una parte mette a disposizione il capitale mentre l'altra il fattore lavoro. Tale strumento viene spesso utilizzato per l'acquisto di un bene e consta di due contratti di compravendita collegati: uno che prevede l'acquisto da parte dell'istituzione finanziaria del bene e l'altro che comporta l'acquisto dello stesso ad opera del finanziato ad un prezzo maggiorato pagabile a rate.
- Contratto di Musharaka: contratto nel quale vi è una condivisione di partecipazione all'investimento tra finanziato e finanziatore, in uno stile simile alla joint venture. I profitti sono ripartiti in base a quanto pattuito nei documenti ufficiali mentre le perdite secondo la quota di capitale conferita.
Si evince come i contratti sopra citati rappresentano degli strumenti atti a eludere il divieto sancito nel Corano, ma che equivalgono a forme esistenti nella finanza classica.
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